Questioni di democrazia
 
di Massimo Luciani
 

Il disegno di legge Gasparri, approvato dalla Camera, passa ora al Senato. Quanto è cambiato il suo contenuto, dopo il rinvio presidenziale del 15 dicembre?

Gli articoli modificati sono complessivamente dieci su ventinove. Ovviamente, la quantità delle modifiche dice molto poco sulla sostanza dei cambiamenti, ma il fatto che il lavorìo della Camera si sia concentrato sugli articoli 15, 21 e 25 non è da trascurare, visto che è in quegli articoli che sono disciplinate questioni delicatissime come i limiti delle risorse che un singolo soggetto può assorbire nel Sic (il sistema integrato delle comunicazioni); la privatizzazione della Rai; lo sviluppo delle trasmissioni in tecnica digitale terrestre (e i connessi poteri dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni).

Se riprendiamo il messaggio con il quale il Presidente della Repubblica aveva rinviato la legge alle Camere, è facile accorgersi che l'attenzione di Ciampi si era posata soprattutto sugli articoli 15 e 25.
Il primo era stato criticato perché consentiva di detenere il 20% delle risorse dell'intero Sic, e questo aveva una dimensione così ampia da permettere a chi si trovasse in quella condizione di disporre (così si leggeva nel messaggio) «di strumenti di comunicazione in misura tale da dar luogo alla formazione di posizioni dominanti».

Il secondo era stato oggetto di una riflessione molto articolata. Il Capo dello Stato aveva riconosciuto che quell'articolo si era fatto carico di un problema più volte sollevato dalla Corte Costituzionale: il pluralismo nel mercato della comunicazione presuppone, anzitutto, l'esistenza di mezzi tecnici capaci di impedire la creazione di situazioni di monopolio o di oligopolio. E lo sviluppo del digitale terrestre poteva essere appunto un tentativo di soluzione di quel problema. Non aveva convinto Ciampi, però, la disciplina concreta dello sviluppo della nuova tecnica: un tempo troppo lungo dato all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni per verificare che il nuovo sistema funzionasse effettivamente bene; poca chiarezza sui poteri dell'Autorità in caso di accertamento negativo; il rischio che quella disciplina si risolvesse in una proroga del termine stabilito dalla Corte Costituzionale per il passaggio di Rete 4 sul satellite e per la perdita della pubblicità per Rai 3.

E' arduo dire se e quanto la nuova versione della legge sia capace di venire incontro alle preoccupazioni del Presidente della Repubblica.
Certo, il Sic è dimagrito, visto che non ne fanno più parte, tra l'altro, i libri e i dischi. Certo, la legge ha recepito alcune previsioni del cosiddetto decreto legge salvareti, che il Presidente ha emanato senza obiezioni. La valutazione del nuovo sistema, però, resta molto aperta, perché si deve immaginare il possibile rendimento a regime del complesso di tutte le nuove disposizioni, e la cosa non è facile.

Una questione tutta da verificare, in particolare, è quella della sorte della libera stampa, sulla quale il messaggio di Ciampi si era soffermato attentamente, ricordando la giurisprudenza costituzionale e la «energica tutela» che la Costituzione riserva a quel mezzo di comunicazione e di informazione. Si tratta di un problema che continua a non essere colto in tutte le sue dimensioni e articolazioni, se è vero che non sempre si considera il rapporto strettissimo che lega l'esistenza di una stampa libera e forte ad una democrazia rappresentativa matura e ben funzionante. Da molto tempo Robert Dahl ricorda che una delle condizioni essenziali di una buona democrazia è la enlightened citizenship, la «cittadinanza illuminata»: cittadini consapevoli e informati, capaci di partecipare alla discussione pubblica. E la stampa è uno strumento prezioso perché quei cittadini maturino liberamente le loro opinioni, con i tempi di riflessione, la calma e l'attenzione che molti altri mezzi di informazione non sono capaci di offrire.

La Stampa, 25 marzo 2004