La domanda chiave per la concezione «garantista»
Ma la legge tv è costituzionale?

di Giovanni Sartori

Sul disegno di legge Gasparri sul sistema televisivo e contorni, così come sul disegno di legge Frattini sul conflitto di interessi (che vanno ricordati assieme perché sono gemelli siamesi), la domanda ultima è se violino la Costituzione. E la risposta dipende da che cosa si intende per Costituzione.

Per il positivismo e formalismo giuridico la Costituzione è la «forma» (la forma giuridica) di qualsiasi Stato. Il che equivale a dire che «qualsiasi forma» va bene, e che tutti gli Stati hanno, per definizione, una Costituzione che li rende «costituzionali». Per esempio, anche la Germania hitleriana, anche il regime staliniano. Inoltre, dalla concezione positivistica si ricava che una legge può essere dichiarata incostituzionale soltanto se contraddice la «lettera» del testo, la lettera di una Costituzione. Il che esclude, o quantomeno indebolisce, il richiamo allo «spirito» della Costituzione, e cioè, fuor di metafora, alla Grundnorm , alla normativa fondante dei sistemi costituzionali delle società libere.
Alla concezione positivistica si contrappone da sempre la concezione «garantista» di Costituzione che ha trovato la sua classica formulazione nella Dichiarazione francese dei diritti del 1789: «Una società nella quale la garanzia dei diritti non è assicurata e la separazione dei poteri non è definitivamente determinata non ha Costituzione» (art. 16). Chiaro? Direi di sì.

In quest’ottica, che è l’ottica storicamente corretta, è falso e mistificante che per Costituzione si debba intendere «qualsiasi forma» di Stato. No. Per il costituzionalismo che possiamo dire classico lo Stato costituzionale è tale se, e soltanto se, imbriglia il potere arbitrario e assicura un governo limitato e controllabile. S’intende che le tecniche del garantismo costituzionale possono essere molto diverse; ma in ogni caso l’intento e la ragion d’essere di una Costituzione sono di assicurare che i cittadini siano protetti dagli abusi di potere.

La teoria pura del diritto di Kelsen che ispira il positivismo giuridico è stata una mirabile torre d’avorio che però funziona al suo meglio a diritto «fermo», e cioè de iure condito . Non funziona più de iure condendo , a diritto in movimento e in tempi di movimentismo costituzionale.

Torniamo alla Gasparri. Il giuspositivista vorrebbe trovare, nella nostra Costituzione, un articolo che tutela il pluralismo televisivo. Ma non lo trova, fra l’altro perché la Costituzione è del 1948 e la televisione (in Italia) del 1954. E così tituba, vacilla, ghirigoreggia. La Costituzione tutela il pluralismo dei partiti (art. 49) e la libertà di pensiero, di stampa e di «ogni altro mezzo di diffusione» (art. 21). Basta? Forse sì, forse no. Forse no perché la Gasparri non vieta la libertà di pensiero. E allora? E allora è il giuspositivismo che rivela, qui, la sua intrinseca inadeguatezza costituzionale. Il diritto diventa amletico.
Per il costituzionalista classico, invece, non ci sono dubbi. Il suo argomento è che la Costituzione, in democrazia, esiste per tutelare la democrazia, e dunque che le sue norme vanno interpretate in «controluce democratica» e cioè (in questo caso) in base alla Grundnorm che vieta la concentrazione del potere, poteri che non sono limitati da altri poteri, da contro-poteri.

Il presidente Ciampi dichiara che «non esiste democrazia senza pluralismo e imparzialità dell’informazione». Su che basi? È di tutta evidenza che quella dichiarazione si richiama al costituzionalismo garantista. E in questa ottica è altresì di tutta evidenza che la Frattini, la Gasparri e anche la concentrazione dei poteri della riforma costituzionale che piace a Berlusconi sono tutte normative manifestamente incostituzionali.

Corriere della Sera, 1 ottobre 2003